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Un parelio veramente eccezionale
Settembre 7, 2016 on 8:43 pm | In Personali, Astro-Sole | No Comments3 settembre 2016. Un’ora di visione di un fenomeno che stupisce: il parelio. Nomi popolari: i cavalli del sole o i cani del Sole .I pareli sono macchie luminose e colorate nel cielo, a circa 22° o più sulla sinistra e/o destra del Sole.
I cristalli di ghiaccio responsabili di questo fenomeno sono di forma esagonale e spessi da 0,5 mm a 1 mm. Questi cristalli, fungendo da prismi, rifrangono la luce del sole in molte direzioni La rifrazione dipende dalla lunghezza d’onda, così i pareli hanno la parte interna rossa e altri colori nelle parti più esterne, smorzati dalla reciproca sovrapposizione. Anche l’altezza del Sole è importante: i pareli si allontanano da esso al crescere della sua altezza.
Una sequenza di immagini sia del parelio completo che dei particolari. (Cliccare sulle immagini per un ingrandimento).
« […] Come chiamarli? Immagini del sole? Gli storici li chiamano soli e raccontano che sono comparsi due o tre alla volta. I Greci li definiscono parhelia poiché li si vede generalmente in prossimità del Sole o poiché si caratterizzano per una qualche somiglianza con il sole. In effetti essi non riproducono tutte le caratteristiche del sole, ma la sua grandezza e la sua forma; del resto, deboli ed evanescenti, non hanno niente del suo calore né della sua grandezza. »
« […] Quid uocem? Imagines solis? Historici soles uocant et binos ternosque apparuisse memoriae tradunt; Graeci parhelia appellant, quia in propinquo fere a sole visuntur aut quia accedunt ad aliquam similitudinem solis. Non enim totum imitantur sed magnitudinem eius figuramque: ceterum nihil habent ardoris hebetes et languidi. »
Lucio Anneo Seneca (Cordova 4 a.C – Roma 65 d.C.), ne parla nel primo libro delle Naturales Quaestiones[ (la cui datazione è posta tra il 62 d.C.e il 65 d.C.)
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E’ l’alba: l’ombra della terra avanza e il cinto di Venere separa il blu dall’azzurro
Agosto 25, 2016 on 2:53 pm | In Personali | No CommentsLivorno 26 agosto 2016 ore 6 e mezza.
Tamerice
Agosto 9, 2016 on 9:08 pm | In Personali | No CommentsQuesta è la tamerice di Livorno, una pianta che si dice centenaria, dipinta da grandi pittori livornesi e meta di innamorati e sposini.
Si trova ad Antignano, cresciuta nella poca terra sopra un masso che sporge dalla linea di costa, tra la spiaggetta chiamata “La tamerice” e la spiaggia Cabianca, riservata ai cani e ai loro padroni.
Il giorno 16 luglio ho visto la pianta coperta di goccioline d’acqua. Brillavano al sole come stelline appese ai rametti.
Ho pensato che la recente mareggiata avesse causato questo fenomeno (le gocce sono salatissime), invece ho scoperto che e’ un fenomeno caratteristico della tamerice che si chiama “sudorazione”. Vedi qui
https://it.wikipedia.org/wiki/Tamarix
Il ramo laterale è sorretto da un cavalletto perché danneggiato dalla nevicata del 2012 che ha spaccato il tronco facendo adagiare a terra l’intero ramo.
Ritorno in Toscana
Giugno 18, 2016 on 9:03 pm | In Personali | No CommentsIl viaggiatore arrivò a destinazione una mattina di febbraio. Era stato fortunato, un sole quasi primaverile e un cielo limpidissimo lo accolsero. Non si aspettava certo di ritrovare i luoghi come li aveva lasciati tanti anni prima. Il mondo era tumultuosamente cambiato nel mezzo secolo trascorso; dopo aver risanato le ferite gli uomini avevano costruito freneticamente case e industrie, e porti…
Il promontorio era inconfondibile, un posto strategico per tenere sotto controllo il passaggio delle navi nemiche nel canale tra la terraferma e l’isola. Salì pian piano per un largo sentiero respirando l’aria fresca. Quanto sole… il suo paese era molto più grigio e il cielo mai così chiaro.
Penso tra sé: - Chissà cosa avranno costruito di fronte al mare, un albergo, un paese?- Sembrava che negli ultimi anni fosse aumentata la spinta a costruire sempre e in ogni luogo… Rimase impietrito quando alzando gli occhi vide la torretta nello stesso posto in cui la ricordava: il cuore dimenticò un battito e ci volle qualche minuto per riaversi: per un momento gli era sembrato che tutto fosse rimasto come allora.
Guardò oltre: un bel sentiero scendeva tra cespugli odorosi fino al mare; ogni tanto trincee e postazioni, ben conservate e ripulite, e un cannone puntato verso l’isola.
Si sedette su una panchina per riposarsi, poi avrebbe proseguito fino a raggiungere la sua meta. Ricordava bene il periodo trascorso in questi luoghi, le notti interminabili quando faceva freddo e nel buio solo qualche luce lontana faceva indovinare l’isola di fronte.
Il rumore del mare a volte gli teneva compagnia e sembrava invitarlo. Com’era azzurro anche se era inverno! Aveva aspettato tanti mesi con impazienza, appena fosse arrivata la primavera si sarebbe tuffato in quelle onde che sembravano aspettarlo, in fondo al sentiero. Invece dovette andarsene prima che arrivasse quel giorno.
La guerra aveva lasciato delle ferite dolorose: se ci pensava, il viaggiatore si rendeva conto di aver sofferto i sensi di colpa del suo popolo, perché la sua patria era la sua casa. Era un soldato semplice, aveva servito il suo paese per dovere, aveva salvato la pelle senza atti di eroismo e senza atti di crudeltà.
Coloro che avevano commesso delle atrocità avevano spesso chiesto un perdono che non sentivano e si erano assolti con molta facilità; lui invece si sentiva ancora a disagio.
Forse gli abitanti del paese conservavano questo luogo per non dimenticare. Un rumore agghiacciante lo svegliò di soprassalto, lo stesso rumore che sentiva in quegli anni lontani ma che presto finì con un cigolio musicale. Gente allegra scendeva per il sentiero e andava verso il mare.
Si avvicinò alla costruzione ed entrò. Qualcuno gli fece cenno di salire per una ripida scala. Riuscì a fatica a raggiungere una stanzetta circolare. Al centro troneggiava, vivacemente colorato, un telescopio puntato verso il sole. Dietro, su uno schermo bianco, un’immagine lucente ribolliva ai bordi.
Gli sconosciuti lo guardarono con aria d’intesa. Fu invitato con un cenno a guardare nell’oculare. In fondo , la rossa, immane fornace divorava sé stessa lanciando nello spazio getti di fuoco. Rimase quasi ipnotizzato da quello spettacolo, quando distolse lo sguardo il rogo continuò a bruciare a lungo in fondo ai suoi occhi. Scese come incantato. Si allontanò senza che nessuno gli chiedesse ragione della sua presenza.
Era come alleggerito da quella scoperta: non avevano dimenticato ma avevano fatto di più, avevano trasformato strumenti di morte in occasione di scoperta e conoscenza. Gli sembrò che il sole lo scaldasse di più adesso che conosceva il suo vero volto.