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Meta:
IL MERLETTO: STORIA E CURIOSITA’
Febbraio 25, 2020 on 9:16 pm | In Angolo di Orsi e crocette, Trine e merletti, Tombolo |- Per gentile concessione di Liliana Babbi Cappelletti -
Raccontare di trine e merletti è, come e forse ancora più che per il ricamo, raccontare una storia
al femminile, una storia iniziata alcuni secoli fa e non ancora finita e come per tutte le storie che
si rispettano, simili a favole con re e regine magnificamente vestiti, iniziano con: “C’era una volta…“.
Narra infatti un’antica leggenda abruzzese di una bellissima fanciulla che, inginocchiata davanti
all’immagine della Vergine Maria, mentre pregava con fervore chiedendo la guarigione per la madre
ammalata, vide un ragno tessere con fili d’argento fiori bizzarri ma incredibilmente belli: con fili
sottili tentò allora diriprodurne il lavoro per poter fare alla Vergine un dono speciale e bellissimo.
Un’altra bella leggenda italiana racconta di un giovane pescatore veneziano che, partendo per la
guerra d’Oriente, lasciò in dono alla sua amata una rarissima alga di prodigiosa bellezza.
Mentre la fanciulla aspettava il ritorno del suo innamorato, lontano ormai da tanto tempo, l’alga
comincò’ ad appassire e, perche’ non andasse perduta la bellezza del dono e non intristisse anche
il suo amore, ella imparò a riprodurla, tessendo con l’ago sulla più fine delle reti da pesca del padre.
BREVE STORIA DEL MERLETTO - a cura di Rossana Nurra
Il merletto (e con questo termine intendo
ogni qual si voglia pizzo) è un’arte prettamente
europea, non la si trova infatti in altre parti del mondo.
Tanto per rendere l’idea sono state le suore a insegnare l’arte del Merletto alle donne indiane…
Si incominciano a trovare delle informazioni sui pizzi intorno al 1500: una delle prime notizie
sul pizzo proviene da Milano, una spartizione tra Angela e Ippolita Sforza Visconti del 1493 di
una ” Binda una lavorata a puncto de doii fuxi per uno lenzuolo“.
Nel primo quarto del secolo successivo la moda prese corpo: osservate con cura i quadri del
periodo e troverete sempre dei bei colletti bianchi… siano essi portati da uomini che da donne,
lavorati in pizzo.
Ricordate che, comunque, erano sempre le classi più povere a eseguire tali lavori, destinati
alla classe ricca: nonè cambiato nulla da allora ad oggi: chi costruisce una Ferrari Testa Rossa,
non e’ certo di in grado di acquistarla, anche se vive molto, ma molto meglio di un merlettaio
del 1500.
Tanta piu’ letteratura sul merletto avrete modo di consultare tanta più confusione avrete nella
mente: chi vi parlera’ degli antichi egizi, chi dei greci, che della superiorità di un certo tipo di
merletto, rispetto a quello prodotto (guarda caso) in Italia…
Secondo Mrs Palliser (History of Lace) il pizzo a Tombolo deriva dalla Passamaneria e furono
appunto i membri della corporazione specifica che incominciarono a lavorare con tale
tecnica.
Si osservi, a conferma;Therèse de Dillmont, nella sua Enciclopedia dei lavori femminili, che
riserva su tale tecnica (passamaneria a tombolo) una sezione di capitolo, con scritti esemplificativi
e disegni.
Si ritiene che la lavorazione del merletto a tombolo (o della passamaneria così lavorata) sia
iniziata contemporaneamente sia nelle Fiandre (Antwerp) che in Italia (Venezia e Milano):
chi sia stato a iniziare per primo e chi abbia visto un altro lavorare così, resterà sempre un mistero.
Altro centro importate fu Milano, fulcro della passamaneria, in Europa, cosi’ come Venezia lo era
della moda.
La lavorazione fu un successo, tanto che fu velocemente esportata in Francia e vi furono i primi
libri con disegni: le pompe del 1559, Vecellio, Corona delle nobili e virtuose donne del 1591, in
Svizzera Nuw Modelbuch, Allarey Gattungen Datelschur, del 1561 e qualche altro titolo.
Ho specificato questi titoli perchè tutti e tre sonoancora reperibili o in copie anastatiche o in
rivisitazioni moderne.
Il Nuw Modelbuch e’ stato scritto da una donna (caso speciale) R.M., null’altro si sa di lei, purtroppo
se non che era tedesca e che insegnò per anni in Svizzera.
I pizzi lavorati al tombolo cominciarono a venir esportati in Europa ed ebbero un successo clamoroso:
le donne si resero conto della potenzialita’ economica di questi lavori, che potevano divenir, quindi fonte
di reddito e sostentamento per la famiglia e nacquero quindi le prime insegnanti, le scuole…
Dapprima si limito’ l’utilizzo del pizzo per le camicie, poi via via, lo si utilizzo’ per colletti, cuffie, biancheria
per la casa ecc. veniva indossato indifferentemente sia dagli uomini che dalle donne, cosa che attualmente
si verifica praticamente solo per i jeans.
Tanto erano alla moda che l’Arciduca Massimiliano (d’Austria) proibì “gli inutili e opulenti merletti”, con una
Generale pubblicata il 18 Marzo 1594.Osservate ancora i quadri dell’epoca e verificate quanti sudditi
austriaci la osservarono…
La moda continuò, tra alti e bassi e tra una rivoluzione e l’altra sino alla fine del 1800 e primi anni
del 1900.
Quando la domanda di pizzo a tombolo divenne fortissima e ben che superiore all’offerta ci fu chi
invento’ le macchine.
Guardate le foto della Regina Vittoria, tutta fasciata di pizzi: sono tutti fatti a macchina: non vi
sarebbe stato il tempo materiale di produrre il pizzo a metri e avrebbe avuto un costo proibitivo anche
per una persona dotata di mezzi economici come lei.
Quando vi mostrano pizzi di inizio secolo, molto probabilmente sono produzioni meccaniche,
anche se ben elaborate.
Il lato ancor piu’ interessante della diffusione del lavoro a tombolo e’ dato da un ulteriore elemento:
nacque in due zone identificate, naturalmente vorremmo averne noi il primato, si diffuse in Europa,
in lungo e in largo, tornando poi anche nelle zone di origine, ma con diversi stili…
Per fare un esempio a Idria il lavoro a tombolo fu introdotto da una donna Boema al seguito del marito
operaio in miniera…
Furono utilizzati i materiali più diversi, dal filo, ai metalli ai capelli (in Spagna), probabilmente quello
che decreto’ la fortuna del lavoro a tombolo fu proprio la sua duttilita’; la possibilita’ di impiegare i
filati più disparati per produrre beni preziosi e opulenti, messaggi di ricchezza e potenza.
PIZZI ITALIANI - a cura di Rossana Nurra
Non vi è una letteratura specifica italiana sul pizzo italiano (da questo punto di vista gli stranieri sono
stati molto più precisi e attenti) e quindi le informazioni che di seguito renderò provengono da studiosi
stranieri. Si è detto che a Venezia vennero pubblicati i primi libri di disegni: Venezia, del resto era già
notissimo centro per i pizzi ad ago.
Secondo Risselin-Steerìnebrugen (Les dentelles italiennes) i primi disegni (quali quelli del Vecellio)
in realtà erano eseguibili sia ad ago che a tombolo.
Comunque a Venezia si continuò a preferire la lavorazione del merletto ad ago.
Altro centro notevole del merletto fu Genova e la Costa ligure.
Genova era una citta’ opulenta e la passamaneria di questa località era principalmente fatta con fili
d’oro e d’argento. Quando si impose il merletto a tombolo, lavorato con filo di lino, si unirono i due stili:
Lino inframmezzato da fili d’oro.
Questo genere di merletto venne apprezzato molto dalla clientela maschile.
Quando il genere ebbe a decadere, la lavorazione del merletto si trasferì a Rapallo, Albissola, Portofino,
Santa Margherita ligure ove si attivò una notevole lavorazione.
In queste localita’ veniva lavorata anche la seta.
Milano e la Lombardia. Vi sono pubblicazioni moderne sul genere. La caratteristica principale è data dagli
“occhiolini”: fori di più o meno ampie dimensioni lavorati lungo il motivo.
Questo genere di pizzo rimase influenzato dai pizzi stranieri: in ragione di ciò il merletto di Milano è vario
nella lavorazione e nei punti utilizzati.
Il pizzo di Cantù che oggi viene lavorato non corrisponde all’antico pizzo di Milano, nè a quello lavorato a
Cantù nei primi anni del secolo.
Da una foto del 1900 di un gruppo di allieve si vedono lavorate delle strisce notevoli principalmente Torchon.
Altre localita: agli inizi del 1900 venne creata a Bologna l’associazione Aemilia Ars, volta a incoraggiare il
merletto e il ricamo.
Il risultato fu eccezionale, i lavori che ne scaturirono rasentarono la perfezione.
Su questo tema, per chi le trova, vi sono le pubblicazioni di Elisa Ricci.Tra il XIX secolo e il XX vi era una
genere di merletti friulano…
Non so se proprio a Udine vi fosse un centro specifico o se fossero pizzi importati da Idria (le foto che ho
visionato lo ricordano), tenuto conto che questa ultima località all’epoca faceva parte dell’Impero di
Austria Ungheria.
Il centro di San Sepolcro nacque nel 1900, grazie a Ginna Marcelli.
Su questa signora è stato pubblicato un libro: “Ginna Marcelli e il merletto di San Sepolcro” Petruzzi editore
di Città del castello.
Di Ginna Marcelli Elisa Ricci, in Antiche Trine Italiane, disse: “così a San Sepolcro in provincia di Arezzo,
circa dieci anni orsono (E.R. scrisse nel 1908) le due figlie del maestro elementare Giovanni Marcelli
impararono da una vecchietta forestiera l’arte dei fuselli.
E ora, per virtù di quelle donne intelligenti e operose, a Sansepolcro vive e prospera una scuola di trine
di puro stile italiano che ora è tra le migliori del nostro paese.
Se fra cent’anni Sansepolcro e Cogne diventassero centri di produzione importante e nessuno ne avesse
scritto, dove si troverebbe più la traccia di chi vi gettò inconsciamente,come fa il vento, il primo seme
fecondo ?”
Attualmente San Sepolcro è uno dei centri più importanti del merlettoe spicca la sua Biennale
che merita almeno una visita. Gina Marcelli mancò nel 1977 a 95 anni.
Vi sono altri centri del Merletto: L’Aquila,Gessopalena, Pescocostanzo e la Val d’Aosta, che si identificavano
nel merletto rustico.
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